Donizetti Opera 2024
Festival 2024
2015-2024: toccano quota dieci le edizioni del festival Donizetti Opera – manifestazione di rilievo internazionale dedicata al compositore bergamasco e organizzata dalla Fondazione Teatro Donizetti presieduta da Giorgio Berta con la direzione generale di Massimo Boffelli, la direzione artistica di Francesco Micheli e quella musicale di Riccardo Frizza – che si svolgerà a Bergamo “Città di Gaetano Donizetti” dal 14 novembre al 1° dicembre 2024.
Il festival Donizetti Opera è realizzato con il sostegno di Allianz (Main Partner e Membro Benemerito della Fondazione Teatro Donizetti di Bergamo), Intesa Sanpaolo, Siad, Fondazione Cariplo, KPMG, PT Avant, REA Dalmine, Habilita, ATB e ClayPakye (Partner tecnici) e un crescente numero di imprese aderenti al progetto Ambasciatori di Donizetti che supportano il festival tramite l’Art Bonus.
In attesa dell’autunno, un altro appuntamento da non perdere per tutti gli appassionati: venerdì 3 maggio (ore 20), al Teatro Donizetti, Francesco Micheli, insieme ad alcuni ospiti, presenterà il programma del festival con la conferenza-spettacolo Donizetti Revolution vol. 10 realizzata in collaborazione col Dramaturg Alberto Mattioli; presenting partner della serata sarà Automha.
L’edizione 2024 del festival Donizetti Opera sarà quindi speciale e celebrativa, con i weekend che “cominciano” il giovedì. Sarà riproposta LU OpeRave (giovedì 14, giovedì 21 e venerdì 29 novembre), la nuova creazione 2023 ispirata alla più celebre delle opere donizettiane; per questa ripresa “con variazioni”, LU OpeRave sarà riallestita in un luogo diverso da quello del 2023, non specificatamente teatrale, aperto sempre alla convivialità e con uno sguardo verso la contemporaneità e l’innovazione. Al Teatro Donizetti andranno in scena due celebri capolavori di Gaetano Donizetti: Roberto Devereux (venerdì 15, sabato 23 e giovedì 28 novembre) e Don Pasquale (domenica 17, venerdì 22 e sabato 30 novembre). In prima moderna, al Teatro Sociale, andrà in scena la versione “Roma 1824” di Zoraida di Granata (sabato 16 novembre, domenica 24 novembre, domenica 1° dicembre) per il ciclo #donizetti200.
Come Elisir, come Lucia, Don Pasquale non ha mai smesso di essere rappresentato, dal 1843 quando nacque. Un capolavoro evergreen dell’ultima stagione creativa di Donizetti. A quell’epoca non è che se ne contassero poi tanti, in ambito comico. Anzi, era proprio il genere dell’opera comica ad essere in crisi. Bellini, ad esempio, non aveva scritto nessuna opera davvero di quel tipo. Verdi ne compose giusto una, a inizio carriera (Un giorno di regno, 1840).
Il pubblico del pieno Ottocento era diventato serioso? Aveva capito, in quella prima Modernità, che lo attendevano tempi in cui c’era poco da ridere? Si divertiva di più a versar lacrime, piuttosto che farsi una bella risata? Di opere comiche come da tradizione, e di successo, Donizetti ne aveva scritte: talvolta le aveva insaporite con una punta di sentimentalismo. Don Pasquale va oltre, verso una commedia da camera il cui protagonista sfiora a tratti la caricatura, ma ne resta quasi sempre al di qua. Delle fregole amorose di un anziano per una giovane, per secoli si era riso: Ruffini e Donizetti preferirono sorriderne con malinconia, anche perché il compositore ‒ come sappiamo dalla sua biografia ‒ stava sorridendo di sé stesso.
In guardia però dal collegare meccanicamente vita e opere. In Roberto Devereux (1837), l’ultima tappa della saga noir che negli anni Donizetti dedicò alla dinastia Tudor, niente lascia trasparire la sua tragedia personale (la morte prematura della moglie, il 30 luglio 1837, in piena fase compositiva). Piuttosto, vi troviamo sperimentazioni drammaturgiche e formali che proseguivano i suoi tragitti creativi con ancor maggiore sottigliezza e forza espressiva.
Il progetto Donizetti 200 tocca quest’anno Zoraida di Granata: o meglio, la sua seconda versione (1824), dato che la prima era andata in scena nel 1822: con successo, nonostante le traversie che l’avevano accompagnata. Riprendendola nel 1824, si provvide ad adattarla alla nuova compagnia di canto. A Stendhal, che si trovava a Roma, l’opera non piacque per niente (il suo cuore batteva solo per Cimarosa e per il Tancredi di Rossini): anzi, non gli piacque neppure Donizetti come persona. Decisamente quella volta lo scrittore non fu vittima della ‘sindrome di Stendhal’. Giudichiamo noi, due secoli dopo, se avesse proprio ragione.