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  • Le tombe di Donizetti e Mayr in Santa Maria Maggiore e l'aula delle "lezioni caritatevoli"
  • Le tombe di Donizetti e Mayr in Santa Maria Maggiore e l’aula delle “lezioni caritatevoli”

    Congregazione Misericordia Maggiore Bergamo

    La MIA nei secoli tra cultura e carità

    La Misericordia Maggiore o MIA (nell’abbreviazione storica che l’ha evidenziata nei secoli e che appare in talune opere d’arte site nella Basilica di Santa Maria Maggiore) sorse a Bergamo nel 1265 come sodalizio spirituale e caritativo per opera di due domenicani, il vescovo Erbordo e il beato Pinamonte da Brembate, che ne dettò la regola originaria. Il soccorso dei poveri, degli infermi, dei carcerati e degli altri bisognosi fu l’obiettivo della Misericordia, le cui prime rendite furono le offerte raccolte tra i Confratelli; si aggiunsero quindi beni e lasciti, legati ed eredità che col tempo e grazie ad una accurata amministrazione si accrebbero fino a costituire un ingente patrimonio.

     

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    I Canevari che distribuiscono pane, grano, vino, sale
    Affresco strappato dall’antica cattedrale di S. Vincenzo – Museo del Duomo – Bergamo

    La Misericordia divenne il principale punto di riferimento per quei diffusi orientamenti dei laici conosciuti come “rivoluzione della carità”. Attuò un’assistenza a tutto campo, che, oltrepassando i confini di una solidarietà strettamente confraternale, innestandosi e al tempo stesso superando l’impianto vicinale, si rivolgeva all’intera cittadinanza e copriva l’intera città, i suoi sobborghi e le vicine valli, in pratica tutto il territorio del medioevale “Comune di Bergamo”, cioè l’attuale territorio di tutta la provincia.

    Nel 1449 il Consiglio Comunale, riconoscendo la buona gestione del Consorzio, affidò in perpetuo ai reggenti della MIA l’amministrazione della Chiesa di Santa Maria Maggiore. La decisione comunale, ratificata da Nicolò V con bolla del 1454, non fu solo dettata dalla fondata prospettiva di una buona amministrazione. Sin dalle sue origini la MIA era stata legata in modo particolare sia al culto di Maria come Mater Misericordiae, sia alla chiesa che ne portava la dedicazione. Tra la fine del duecento e gli inizi del Trecento infatti si affermò nei documenti il titolo di “Consortium Misericordiae Sanctae Mariae”.

    Pur mantenendosi in piena autonomia nei confronti dell’istituzione comunale, la Misericordia, grazie al Patrono, seppe fin dall’inizio garantirsi il suo appoggio. Le attività della Misericordia si mossero abilmente all’interno degli spazi concessi dal regime podestarile e fu proprio nel campo dell’assistenza che maggiormente si concretizzò l’appoggio – economico e politico – dell’istituzione comunale. La MIA era diventata un organismo complementare della pubblica amministrazione: alla Misericordia il Comune aveva delegato tutte quelle funzioni di pubblica assistenza che non erano proprie degli ospedali.

    Il prestigio del Consorzio andò sempre più aumentando: divenne istituzione di grandissima importanza non solo benefica, ma anche nel campo economico, sociale, culturale e dell’istruzione. Il luminoso esempio della Misericordia Maggiore destava l’emulazione delle famiglie di censo, permettendo la sopravvivenza dell’istituzione. Nei primi anni del Seicento si cominciò a introdurre nella intestazione del consorzio l’aggettivo Maggiore: Consorzio della Misericordia Maggiore. Questo probabilmente per sottolineare la preminenza e l’importanza acquisite nei confronti delle molte Misericordie sorte in quasi tutte le parrocchie della Città e della diocesi. Alla fine del Settecento la MIA era il massimo e più importante organismo bergamasco impegnato nell’opera di carità.

    L’avanzare delle nuove idee filosofiche e politiche sviluppate e diffuse nell’epoca dei Lumi avevano portato ad assegnare alle autorità di governo nuovi e inediti compiti nel campo educativo, scolastico, culturale e sociale. Alla carità si sostituì l’assistenza pubblica e gli enti caritatevoli di origine medievale, per i quali le opere di misericordia, considerate opere meritorie, avevano un fondamento teologico oltre che solidaristico, vennero trasformati in istituti di beneficenza con motivazione politica e civile. La nuova organizzazione assistenziale si attuò a Bergamo con l’istituzione nel 1807 della Congregazione di Carità, articolata in tre sezioni: I. Ospedali, II Ospizi e Orfanotrofi, III Elemosine e Monti di Pietà. Dal 1808 la MIA confluisce nella Congregazione di Carità che funse da organo di coordinamento dei vari enti assistenziali di ricovero e elemosinieri.

    Con il governo austriaco la gestione della Misericordia Maggiore passò ad un nuovo organo denominato Luoghi Pii Elemosinieri che faceva capo ad un Amministratore dipendente direttamente dal Governo per la gestione economica e a un Direttorio, sempre di nomina governativa, per l’erogazione della beneficenza. Nel 1890 la legge Crispi razionalizzò il sistema assistenziale italiano e i Luoghi Pii assunsero la denominazione di Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficienza (IPAB).

    Nel 1937 la Misericordia Maggiore (Opera Pia Misericordia Maggiore) confluì nell’Ente Comunale di Assistenza, mantenendo separata la gestione del proprio patrimonio. Nel dicembre del 1978 con il passaggio dell’assistenza sanitaria alle Regioni gli ECA furono aboliti. Il Consiglio di Amministrazione dell’ECA inoltrò al Presidente del Consiglio dei Ministri la richiesta di escludere la MIA dall’elenco delle IPAB destinate ad essere trasferite al Comune adducendo come motivazione il fatto che una delle attività precipue dell’ente riguardava la sfera educativo-religiosa. La richiesta fu accolta e la MIA ritrovò la sua autonomia.
    Con la normativa ultima, Legge Regionale n. 1/2003 l’istituzione da IPAB è passata a Fondazione e viene amministrata da un Consiglio composto da nove Consiglieri, nominati dal Sindaco del Comune di Bergamo.

    Che cos’è oggi la MIA

    Dal gennaio 2004 la MIA – Congregazione della Misericordia Maggiore di Bergamo ha assunto la forma giuridica di Fondazione, in modo da poter proseguire – con strutture più adeguate alle necessità di oggi – la missione che l’ha contraddistinta negli oltre sette secoli di esistenza: occuparsi di istruzione, cultura, religione e assistenza, secondo i
    principi dello Statuto, per i quali (art. 3) la Fondazione:

    • non ha scopo di lucro;

    • riconferma il rispetto degli interessi e delle finalità espressi nelle tavole fondative e negli statuti originari;

    • partecipa, sulla scorta della legislazione vigente ed in aderenza alla propria ispirazione cristiana alla realizzazione del sistema sociale, nell’ambito caritativo-assistenziale, educativo e formativo.

    Nello specifico, la Fondazione ha i seguenti scopi primari e fondamentali:

    • promuove attività inerenti la sfera educativo religiosa, nel rispetto dell’originaria connotazione cristiana cattolica;

    • provvede a soddisfare le esigenze di tutte le antiche e nuove povertà;

    • sostiene l’attività di istruzione e cultura nei più ampi aspetti e manifestazioni tendenti sia alla conservazione dei beni strumentali che delle tradizioni, nonché promuovere nuove attività ed opere nell’ambito prioritariamente bergamasco ed eventualmente lombardo;

    • garantisce l’ufficiatura, il governo e l’amministrazione della Basilica di S. Maria Maggiore, Cappella della Città con gli inerenti servizi religiosi, culturali ed educativi, prevedendo apposito convenzionamento con la diocesi di Bergamo;

    • mantiene, valorizza ed incrementa l’intero patrimonio mobiliare ed immobiliare e gestisce al meglio i beni in affidamento.

    Storia della Basilica di Santa Maria Maggiore

    La storia ci narra che nel 1133 le terre bergamasche furono colpite da una grave siccità; seguì la carestia e la peste. La popolazione di Bergamo pregò la Vergine e chiese il Suo aiuto: nel 1135, infatti, si deliberò di erigere una chiesa come voto di ringraziamento. Il Consorzio della Fabbrica, appositamente costituito, raccolse gli oboli dei cittadini, ed il 15 agosto 1137 il Vescovo di Bergamo Gregorio benedisse la prima pietra della Basilica di Santa Maria Maggiore.

    La storia, probabilmente, s’intreccia con la leggenda: sta di fatto che la Basilica, da quella data, si erge nel cuore di Città Alta, incardinata tra piazza Vecchia e piazza Rosate, nella parte più nobile della Bergamo storica, circondata dalle mura venete. La sua centralità urbanistica e religiosa è confermata da due circostanze: la prima è che l’edificio risulta privo di una facciata nel senso tradizionale, ma ne può addirittura vantare due, se tali vengono considerate la parete del lato sud (con il portale “dei leoni bianchi”) e la parete del lato nord (con il portale “dei leoni rossi”).

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    Basilica di Santa Maria Maggiore – Bergamo

    Al visitatore non si pone che l’alternativa di leggerla dalla parte dell’abside o di osservarla nei suoi austeri profili o ancora attraversarla, proprio passandoci attraverso, per spostarsi in quella zona della città che ne fu, al tempo, fulcro politico, sociale, economico oltre che religioso: la Platea Sancti Vincentii, con il Palazzo della Ragione, il mercato principale della Città, la Torre civica, il presidio militare, le sedi dei notai, le casse per il deposito dei valori, gli spazi per la contrattazione o per le controversie commerciali. La Basilica fu improntata a quello stile romanico maturo tipico dell’epoca, arricchito di influssi con provenienza geografica diversificata, anche in direzione europea, ad esempio renana. Delle cinque absidi originarie ne sopravvivono due, quella centrale e quella a sud-ovest.

    La Basilica di Santa Maria Maggiore fu amministrata e officiata dal Capitolo di San Vincenzo dalla sua origine fino al 1449, quando venne scorporata dal complesso cattedralizio e affidata alla Congregazione della Misericordia Maggiore che si riservava il diritto di nominare il clero officiante. Chiesa collegiata fino agli anni ’70 del ‘900, dotata un tempo anche di clero e seminario autonomi, oggi la vita spirituale e liturgica che in essa si svolge è assicurata da un Rettore che, in ossequio alla tradizione canonicale e all’antica autonomia sancita dal papa Nicolò V, anche oggi viene denominato Priore. La Basilica di Santa Maria Maggiore è ancora oggi amministrata dalla Fondazione MIA. All’edificazione della Basilica contribuirono abbondantemente i Maestri Comacini e Campionesi: il progetto è del M° Fredo, nel 1340 Giovanni da Campione realizzò il Battistero (poi spostato esternamente) e nel 1353 costruì il protiro settentrionale, Nicolimo da Campione iniziò la costruzione del piccolo portale verso il Duomo.

    A partire dalla metà del XV secolo si infittirono le opere di completamento, di decorazione e di trasformazione.
    Le decorazioni interne, che inizialmente consistevano in affreschi, furono modificate a partire dalla fine del 1500. Degli affreschi medievali sono tuttora visibili L’albero della vita, una rappresentazione della vita di Cristo secondo la dottrina di San Bonaventura (ora parzialmente coperta da una tela seicentesca rappresentante Il diluvio universale), e un gruppo di affreschi votivi sulla parete opposta.
    Gli stucchi e le opere pittoriche che decorano le volte e le pareti della chiesa risalgono alla fine del 1500 ed a tutto il 1600. La Misericordia Maggiore chiamò artisti bergamaschi (Antonio Boselli, Giovan Paolo Cavagna, Gian Paolo Lolmo, Enea Salmeggia, Francesco Zucco), ma anche numerosi pittori esterni (Francesco da Ponte detto “Bassano”, Camillo Procaccini, Giovan Cristoforo Storer, Frà Massimo da Verona, Pietro Liberi, Ciro Ferri, Antonio Zanchi, Federico Cervelli, Luca Giordano, Nicolò Malinconico, Ottavio Cocchi e altri). Alla fine del 1600 la trasformazione era giunta a compimento. Nel frattempo altre preziose opere entravano a far parte del patrimonio artistico della Basilica.
    Nella prima metà del 1500 furono realizzati il coro ligneo con le tarsie, eseguite da Giovan Francesco Capoferri, su disegno del pittore veneziano Lorenzo Lotto. Fra il 1583 e il1586 arrivarono in Basilica, da Firenze, nove dei venticinque arazzi presenti in chiesa. Alla fine del 1500 vennero realizzati sei candelabri in bronzo, mentre nei primi anni del ‘600 furono eseguite le balaustre in bronzo dei due pulpiti.
    Nel 1704 Andrea Fantoni realizza il confessionale, giunto in Basilica solo nel 1899. Da notare le pregevoli bussole del 1770 realizzate da Giuseppe Alari con statue di Giovanni Antonio Sanz.
    Nel 1839 viene trasportata in Basilica la tomba del cardinale bergamasco Guglielmo Longo degli Alessandri. Il mausoleo commissionato dallo stesso cardinale e ideato da Ugo da Campione intorno al 1330, fu eretto inizialmente per la chiesa di S. Francesco distrutta nel 1805.

    La MIA e il maestro Gaetano Donizetti

    Nel secolo XVI le crescenti esigenze per garantire l’ufficiatura della Basilica suggeriscono agli Amministratori della MIA la fondazione di una scuola di chierici (Accademia). Una buona educazione alla musica richiedeva che l’educazione al canto e alla pratica strumentale si svolgesse in modo continuativo e nell’ambito di una più generale formazione umanistica. Nel 1635 l’Accademia venne trasformata in Collegio Mariano, nel quale erano ammessi numerosi studenti e, fra i docenti, non mancavano mai il maestro di cappella e altri insegnanti di musica. La scuola raggiunse un livello d’eccellenza nel panorama di altri istituti scolastici e subite diverse trsformazioni può essere considerata l’origine dell’odierno liceo Sarpi.
    Nel 1802 fu nominato maestro di cappella il Maestro Giovanni Simone Mayr, all’epoca il più noto e importante compositore europeo, che rimase al servizio della Basilica per oltre un quarantennio e cioè fino alla morte. Fu lui a concepire il progetto della “Pia Scuola di Musica” o “Lezioni caritatevoli di musica”. La scuola venne istituita nel 1805 e fu frequentata anche da alcuni ragazzi poveri per apprendere il canto ed il suono. La Pia Scuola ebbe risultati eccellenti, sia per il valore dei discepoli sia anche per le esecuzioni in Basilica. Le “lezioni” avevano lo scopo di sostenere la cappella in Santa Maria e si svolgevano in un edificio in Via Arena, posto di fronte alla Domus Magna dell’antico Consorzio. Le “Lezioni caritatevoli” furono una delle esperienze pilota di educazione musicale nell’ottocento italiano, organizzata sull’esempio della pratica assistenziale degli ospedali veneziani e sul modello educativo del conservatorio di Parigi.

    Giovanni Simone Mayr fu il grande maestro che presto riconobbe la genialità di un suo allievo, quel giovanissimo Donizetti il quale in una famosa lettera del 1843 scriverà al suo anziano insegnante, ricordando di essere nato in una povera casa dove non entrava mai raggio di sole e dalla quale “spiccò il volo“ come un uccello notturno. Donizetti trovò nel rapporto con Mayr la strada maestra per scoprire e valorizzare il proprio talento. Qualche anno dopo, “La Pia Scuola” si staccò dalla Cappella Musicale e si trasformò nel Civico Istituto Musicale Gaetano Donizetti.

    Da sinistra verso destra, monumento funebre dedicato a Giovanni Simone Mayr e Monumento funebre dedicato a Gaetano Donizetti – Basilica Santa Maria Maggiore – Bergamo

    Nella Basilica di Santa Maria Maggiore sono collocati il monumento funebre dedicato a Giovanni Simone Mayr realizzato nel 1852 da Innocenzo Fraccaroli e il monumento funebre dedicato a Gaetano Donizetti, realizzato nel 1855 da Vincenzo Vela. Il monumento a Simone Mayr, dedicato alla musica sacra, rappresenta tre figure angeliche ed è un esempio dei numerosi interventi monumentali cui venne chiamato in quegli anni l’artista.

    A Vincenzo Vela i fratelli di Gaetano Donizetti commissionarono un monumento funebre che onorasse la memoria del famoso musicista. Vela scelse un soggetto simbolico-allegorico per la celebrazione del maestro. Il monumento è sovrastato dalla figura di Armonia, giovane donna ripiegata sulla lira, che piange la morte del compositore ritratto nel medaglione sottostante.

    Putti musicanti personificano le sette note: caratterizzati da grande vitalità espressiva, piangono la morte del Maestro.