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  • “Lucie de Lammermoor”: al Teatro Sociale la versione francese della più nota opera di Donizetti

    “Lucie de Lammermoor”: al Teatro Sociale la versione francese della più nota opera di Donizetti

    La regia è affidata a Jacopo Spirei mentre la direzione musicale è di Pierre Dumoussaud esperto del repertorio francese

    Nel cast vocale Caterina Sala, Patrick Kabongo e Vito Priante

    Bergamo, Teatro Sociale, 18 e 26 novembre, 1° dicembre 2023
    Anteprima under 30, 15 novembre

    Disponibile su Donizetti Opera Tube dal 26 novembre

    L’opera più nota di Gaetano Donizetti va in scena al festival Donizetti Opera di Bergamo in una versione originale dello stesso compositore orobico ma meno usuale e drammaturgicamente più essenziale e intensa: si tratta di Lucie de Lammermoor, preparata da Donizetti espressamente per il Théâtre de la Renaissance di Parigi, dove debuttò trionfalmente nel 1839, e che sabato 18 novembre alle 20 arriva al Teatro Sociale di Bergamo (anteprima under 30 mercoledì 15 novembre alle 17), in replica domenica 26 novembre alle 15.30 e venerdì 1° dicembre alle 20.00.
     
    La nuova produzione della Fondazione Teatro Donizetti è firmata dal regista Jacopo Spirei (già allievo e assistente del compianto Graham Vick), oggi uno degli artisti italiani più richiesti, che impronta la sua lettura per il festival donizettiano sottolineando gli aspetti più crudi della vicenda, messi in luce dalle scelte dell’autore per la trasposizione parigina. Le scene sono di Mauro Tinti, i costumi di Agnese Rabatti e le luci di Giuseppe Di Iorio.
    Sul podio dell’Orchestra Gli Originali – che ricordiamo usa strumenti e diapason d’epoca – sale il giovane Pierre Dumoussaud, già assistente di Marc Minkovski, al suo debutto italiano dopo successi e incisioni discografiche dedicate soprattutto al repertorio romantico francese.
    Nel cast vocale la giovanissima Caterina Sala (Adina accolta trionfalmente nell’Elisir d’amore del 2021) sarà impegnata come Lucie, mentre Patrick Kabongo sarà Edgard e Vito Priante Henri, David Astorga invece sarà Gilbert (personaggio “nuovo”, fondamentale in questa versione francese dell’opera), Julien Henric come Arthur e Roberto Lorenzi Raimond. Il coro è quello dell’Accademia Teatro alla Scala diretto da Salvo Sgrò. Lo spettacolo è coprodotto con il Teatro Comunale di Bologna.
     
    Donizetti piega così il suo capolavoro, dopo il debuttato a Napoli nel 1835, alle direttive specifiche della sala parigina che “per legge” doveva distinguersi dalle altre “ufficiali”, sovvenzionate dallo Stato. Non si tratta di una “semplice” traduzione dei versi in francese ma proprio di una riscrittura del libretto, affidato a Alphonse Royer e Gustave Vaëz, e di un adattamento secondo i canoni del teatro francese, molto attento alle unità aristoteliche.
     
    «Oggi non tolleriamo le opere se non nella lingua in cui furono scritte. Ma all’epoca di Donizetti la traduzione era indispensabile e approvata, se non addirittura voluta dagli autori, come nel caso di Lucie – commenta Jacopo Spirei – fra l’altro, più rileggiamo la scena della pazzia e più ci dobbiamo interrogare su quanto sia vera “pazzia” o invece su quanto la società che non riesca a gestire delle donne che prendono in mano la loro vita, ribellandosi al percorso che la società o la famiglia hanno deciso per loro. Questo ci obbliga a interrogarci su quanto la cosiddetta pazzia sia un elemento della personalità o quanto invece sia la società che decide che una certa persona è pazza. Una donna che si ribella e che dà sfogo alle sue passioni è subito tacciata di essere isterica, nevrastenica, disturbata, folle. Succedeva nell’Ottocento, e Lucie de Lammermoor ne è la dimostrazione, ma succede anche oggi».
     
    Lucie de Lammermoor resta in repertorio in Francia per tutto il XIX secolo, diventando un caposaldo della cultura nazionale come dimostra anche il capitolo di Madame Bovary che Flaubert ambienta nel teatro di Rouen durante una recita, appunto, di Lucie (e non di Lucia).
     
    Non pochi gli interventi di Donizetti sulla partitura napoletana per seguire le regole cui doveva sottostare il Théâtre de la Renaissance: le modifiche più profonde sono nei recitativi, quindi nell’esclusione del personaggio di Alisa e nel taglio dell’aria di Raimondo «Ah! Cedi, cedi, o più sciagure» nel secondo atto e dei suoi interventi nella cavatina di Enrico «Cruda, funesta smania» nel primo atto, nonché lo spostamento di alcuni personaggi da una scena all’altra. Viene sostituita inoltre la cavatina di Lucia, «Regnava nel silenzio», con «Que n’avons nous des ailes», una traduzione di «Perché non ho del vento», dalla Rosmonda d’Inghilterra (1834) sempre di Donizetti, una scelta che veniva fatta anche nelle edizioni in italiano dell’opera.
     
    «Quella che Donizetti realizza, nel 1839 per il parigino Théâtre de la Renaissance – spiega Pierre Dumoussaud – non è una semplice traduzione ma un rifacimento completo dell’opera, anche per adattarla alla Renaissance, che era un teatro di proprietà privata, non sovvenzionato dallo Stato. Questo rifacimento produsse una sorta di chiarificazione della drammaturgia, che diventa più coesa e coerente. Cambia anche la lista delle “dramatis personae”: ora Lucie è l’unico personaggio femminile, il che accentua la sua condizione di donna prigioniera di un mondo maschile e patriarcale, usata come moneta di scambio per ragioni politiche. Donizetti aggiunge diversi recitativi, taglia alcune pagine, sostituisce dei brani, ne semplifica altri, elimina la tempesta del terzo atto, sfronda l’azione di alcuni intrighi secondari. L’effetto generale è quello di una certa semplificazione dell’opera».
     
    Il capolavoro donizettiano si lega al concept generale della Capitale Italiana della Cultura “Città illuminata” prendendo come riferimento il legame etimologico Luce-Lucia e il culto di Santa Lucia, molto forte a Bergamo.